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Lavorare come freelance in Italia: ecco la guida da seguire
9 febbraio, 2022
di Alice De Luca


Cosa significa lavorare come freelance?
Il lavoratore freelance è un soggetto che offre le sue prestazioni a società o aziende senza dipendere da esse. Si tratta quindi di un libero professionista che collabora, spesso contemporaneamente, con molteplici realtà per le quali può svolgere anche mansioni di diverso tipo.
Spesso le aziende si affidano a questa figura professionale quando hanno bisogno di prestazioni occasionali o hanno esigenze per le quali non possiedono le adeguate competenze al loro interno. Queste tipologie di lavori da libero professionista si stanno diffondendo sempre di più in Italia, tanto che Eurostat registra il nostro Paese come lo stato Europeo con il maggior numero di freelance nel 2020. Si calcola, infatti, che in questo anno in Italia su circa 22.800 lavoratori, più di 4.800 fossero freelance.
Esistono diversi tipi di freelance, ma di solito si dividono principalmente in due categorie. Un primo gruppo è rappresentato da quei professionisti specializzati in un particolare settore, soprattutto nell’ambito digitale, come copywriters, progettisti, traduttori, programmatori e grafici. Un altro insieme è quello dei lavoratori indipendenti o a progetto, composto da profili tuttofare, come collaboratori domestici, operai autonomi e addetti alle pulizie.
Tasse e partita IVA
Tra i motivi che hanno portato all’aumento del numero di freelance in Italia, ci sono sicuramente le agevolazioni fiscali e burocratiche che hanno riguardato questo settore negli ultimi anni.
A questo si aggiunge anche l’istituzione, nel 2017, del Jobs Act per lavoratori autonomi, legge che prevede maggiori tutele a favore dell’attività dei professionisti freelance. Questi, però, non sono gli unici vantaggi che offre il lavoro autonomo. Basti pensare alla gestione dei tempi e degli spazi di lavoro. La definizione degli orari dipende, infatti, dal lavoratore stesso, che potrà gestirli come meglio crede. Allo stesso modo, potrà scegliere se investire in un ufficio o lavorare da casa, cosa che gli permetterà di risparmiare tempo per gli spostamenti e le pause pranzo. La stessa autonomia riguarderà la gestione del calendario e delle ferie, ma anche la scelta dei lavori da svolgere, delle tariffe e delle società con cui collaborare.
Di base, quindi, il lavoratore freelance è il capo di se stesso, anche in termini di retribuzione. Se l’attività va bene, infatti, gli stipendi dei freelance possono essere anche più alti dei lavoratori dipendenti. Questa autonomia non è però priva di rischi, anzi, per lo più significa un carico maggiore di incombenze. Il lavoratore autonomo è l’unico che rende conto dei suoi servizi e delle sue scelte di business: se qualcosa va storto è solo lui a esserne il responsabile. Questo rischio riguarda soprattutto l’investimento iniziale, ma anche l’andamento della sua attività, che potrebbe non essere sempre costante nel tempo e non dare delle entrate fisse e sicure. Infine, il freelance deve anche autogestire la propria contabilità , imparando a destreggiarsi nell’amministrazione delle sue finanze. A questo proposito, una delle prime operazioni che un aspirante freelance deve fare è scegliere la forma giuridica della propria attività.
La forma giuridica: ditta individuale o libero professionista
Per quanto riguarda la forma giuridica da selezionare per la propria attività, le possibilità sono due: la forma di una ditta individuale o quella di libero professionista. La scelta dipende dal tipo di lavoro che si vuole avviare: la ditta individuale si applica alle attività di impresa, cioè quelle di artigiani e commercianti, mentre il libero professionista è colui svolge un’attività di lavoro di tipo intellettuale (avvocati, giornalisti, scrittori, grafici, copywriter e altre professioni digitali ecc.). Le due categorie si differenziano anche per la modalità di pagamento dei contributi. Infatti, mentre i titolari delle ditte individuali sono tenuti a versare un’imposta fissa all’INPS, i liberi professionisti versano un importo proporzionale alle loro entrate.

Come aprire la partita IVA
Lo strumento che permette al lavoratore autonomo di operare legalmente sul territorio italiano è la partita IVA. Questa consiste in un codice numerico che identifica il lavoratore o l’attività di cui è titolare e gli permette di dichiarare i suoi guadagni e versare tasse e contributi allo Stato. La procedura per aprire la partita IVA è di per sé molto semplice e gratuita, e può essere avviata sia fisicamente presso una delle sedi dell’Agenzia delle Entrate, sia online seguendo le indicazioni sul sito dell’Agenzia delle Entrate. Se si preferisce, si può anche pagare un commercialista o un Centro di Assistenza Fiscale (CAF) affinché la pratica sia svolta da loro.
Al momento dell’apertura della partita IVA, il lavoratore dovrà individuare il proprio codice ATECO, ovvero una sequenza alfanumerica che serve a distinguere i diversi tipi di attività economiche. Sulla base dei servizi che il freelancer intende offrire, dovrà selezionare dall’elenco riportato sul sito dell’ISTAT il codice ATECO corrispondente.
Successivamente, il lavoratore compilerà uno dei moduli per l’apertura della partita IVA scegliendo tra uno dei tre modelli: per persone fisiche, per soggetti diversi da persone fisiche, per soggetti non residenti in Italia. I moduli si trovano sul sito dell’Agenzia delle Entrate e, dopo la compilazione, vanno consegnati a mano oppure via sito, via posta elettronica o raccomandata. Nel caso dei liberi professionisti, questi non dovranno iscriversi al Registro delle imprese, cosa che sono obbligati a fare altre tipologie di lavoratori con partita IVA, come artigiani e commercianti. Anche i liberi professionisti dovranno però iscriversi all’INPS o alla propria Cassa Previdenziale (nel caso avessero un albo di riferimento) e dovranno presentare ogni anno la dichiarazione dei redditi.
Come attirare clienti
Una volta compilate tutte le scartoffie ed esaurite le incombenze amministrative, arriva la parte divertente, ma anche quella più difficile per chi decide di lavorare da freelance: attirare clienti. È evidente che gran parte della strategia scelta dipenderà anche dal servizio che si offre e a chi è dedicato. Sulla base di queste caratteristiche, infatti, sarà opportuno investire tempo e denaro in certe modalità pubblicitarie, piuttosto che in altre.
Ad esempio, per alcune attività sarà opportuno farsi conoscere sul territorio attraverso cartelloni pubblicitari, inserzioni mirate o volantinaggio. Altri servizi, invece, soprattutto quelli forniti a distanza, possono essere presentati tramite un sito web o una pagina social. Instagram, Facebook, LinkedIn possono essere delle importanti vetrine, anche per servizi fisici, e, soprattutto, degli ottimi strumenti per fare networking. Inoltre, per farci conoscere ancora meglio attraverso le piattaforme online, possiamo allegare o linkare alle pagine web o social il nostro portfolio, ovvero una raccolta dei nostri lavori migliori che dovrà essere sempre aggiornata.
Tuttavia, farsi pubblicità non basta: bisogna sapere come farla in modo efficace, così da comunicare al meglio la qualità e le caratteristiche del proprio lavoro. Arcangelo Caiazzo offre “Da zero a freelance”, un corso dedicato proprio a chi deve creare contenuti online per costruire il proprio brand e attirare clienti nella propria rete. Attraverso dieci moduli, Arcangelo parla di come usare i social per trasmettere la propria immagine professionale, con un focus particolare su YouTube e LinkedIn, consiglia come fidelizzare i propri contatti rendendoli clienti e come valorizzare i propri tratti distintivi per convincere le aziende ad affidarsi a noi. Infine, tra le altre cose, spiega come utilizzare l’e-mail marketing come strumento per raggiungere potenziali acquirenti e per creare e mantenere la propria rete di contatti.
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