
Perché i giovani faticano a trovare lavoro? Il fenomeno dello skills mismatch
14 giugno, 2022
di Alessia Arnaldino


I giovani non cercano lavoro. È davvero così?
La disoccupazione giovale è un problema che non possiamo e non dobbiamo ingnorare. Ma, per farlo, è necessario indagarne a fondo le cause, che vadano oltre l’eclatante crisi economica che stiamo vivendo. A tal proposito, avete mai sentito parlare di skills mismatch? In poche parole, è il gap tra le competenze possedute da un lavoratore e quelle richieste dal mercato del lavoro. Possiamo trovare dei lavoratori che hanno competenze maggiori rispetto a quelle effettivamente richieste dalla mansione che svolgono oppure, al contrario, persone non correttamente preparate per determinati lavori. Tutto questo si ripercuote in modo netto sulle aspettative delle persone e sulla qualità della loro vita, spesso caratterizzata dall’illusione di trovare un ottimo lavoro dopo tutti gli anni passati sui libri e, soprattutto, di essere preparati a svolgerlo. E in questa situazione ci si ritrova sia chi segue un percorso da dipendente, sia chi sceglie di diventare freelance.
Quando si è alla ricerca di un impiego, tra le varie job description possiamo trovare molte competenze richieste. Non parliamo solo di hard skills, ossia quelle competenze valutabili e spesso strettamente necessarie allo svolgimento di una mansione, come la conoscenza di una lingua o l’utilizzo di determinati software. Al giorno d’oggi, si punta moltissimo sulle soft skills, competenze che sfortunatamente non vengono coltivate attraverso la scuola e gli studi, ma che ricoprono un’importanza fondamentale nel mondo del lavoro odierno. Esempi di soft skills sono la capacità di lavorare in team, il problem solving, la creatività, e tante altre.
Quello che viene spesso imputato al sistema scolastico, non solo italiano, è proprio la difficoltà nel preparare gli individui a una professione vera e propria. Il mondo del lavoro si muove velocemente, rincorrendo un progresso tecnologico e sociale e un cambiamento dei mercati sempre più rapido; la scuola, dal canto suo, sembra non essere altrettanto svelta e fatica a restare al passo.
Cos'è lo skills mismatch? Ecco alcuni dati
Nonostante non se ne parli così frequentemente, lo skills mismatch risulta essere una delle cause della diminuzione della produttività, ripercuotendosi sugli aspetti economici e sociali in tutto il mondo. Nel 2016, per esempio, si è registrata una riduzione del 6% della produttività a livello globale a causa di tale fenomeno. Secondo il report di Boston Consulting Group (BCG) “Fixing the Global Skills Mismatch”, lo skills mismatch riguarda 1,3 miliardi di persone, dato che è destinato ad aumentare. Si parla, addirittura, di due impiegati su cinque afflitti da questa piaga sociale. L’Italia si posiziona tristemente al terzo posto al mondo per skills mismatch.
A partire dagli anni ’70, in cui lo skills mismatch era ancora poco ricorrente, il fenomeno ha cominciato a crescere. Meno dell’1% dei tassisti negli Stati Uniti era in possesso di una laurea, in confronto al 15% rilevato nel 2013.
Sicuramente l’avvento di internet e dei social media (come Linkedin) ha modificato il modo in cui le persone scrivono un curriculum e si approcciano al mondo del lavoro. C’è maggiore possibilità di ricerca e di dialogo, ma questa evoluzione non sembra andare di pari passo con le possibilità di formazione.

Crisi nel mondo del lavoro tra i giovani: cause e conseguenze dello skills mismatch
A cosa è dovuto questo divario che vede competenze richieste e competenze possedute su due piani distinti? In primis, come già accennato, abbiamo un sistema scolastico che non sempre riesce a stare al passo con le richieste del mercato del lavoro. Domanda e offerta, dunque, non arrivano a un punto d’incontro: ci si ritrova ad assumere persone con competenze inferiori o superiori a ciò che realmente si sta cercando, arrecando disagio e creando instabilità anche per i lavoratori stessi.
Il sistema scolastico talvolta tende a un’eccessiva standardizzazione, con un focus verso la preparazione dell’individuo come se dovesse ricoprire lo stesso ruolo lavorativo “per tutta la vita”. Se ciò poteva essere auspicabile fino a qualche decina di anni fa dove tutti erano alla ricerca del famoso “posso fisso”, ora un sistema del genere ha perso la sua efficacia. E questo non significa che sia sbagliato, anzi, semplicemente non riesce a stare al passo con un mercato del lavoro fluido e in continua evoluzione. Una delle soft skills ad oggi più importanti, infatti, risulta essere proprio la flessibilità, caratteristica necessaria per destreggiarsi sul proprio posto di lavoro e nel mercato in generale. I giovani si trovano a cambiare mansione più spesso e questo porta, di conseguenza, a dover sviluppare una maggiore capacità di adattamento.
L’approccio all’apprendimento e alla formazione, quindi, dovrebbe evolversi. Non solo per quanto riguarda il periodo scolastico vero e proprio, ma anche durante il resto della vita (lavorativa) degli individui. Come già detto, mercato del lavoro, economia e competenze richieste sono molto variabili e in continua evoluzione. Questo fa emergere la necessità di essere sempre nuovamente formati, su nuovi argomenti, tecnologie e mansioni, per potersi reinventare e per non rimanere indietro in questo presente così frenetico e fluido.
Come ridurre lo skills mismatch?
I possibili rimedi a questo fenomeno sono già intuibili solo citandone le cause. Rivoluzionare il sistema scolastico è tutt’altro che semplice, richiede tempo e una maggiore comunicazione con il settore privato e del lavoro. Senza pensare troppo in grande, si potrebbe innanzitutto optare per degli insegnamenti personalizzati e non standardizzati, puntando all’unicità. Spesso, quello che gli universitari percepiscono, è proprio una mancata corrispondenza tra quello che imparano sui libri e il lavoro effettivo che vorrebbero svolgere. Le conoscenze pratiche vengono impartite solo in secondo momento direttamente sul campo, lasciando i giovani spaesati e spesso impreparati davanti alle esigenze del mercato del lavoro. Bisognerebbe dunque cercare un più concreto parallelismo tra studio e lavoro, guardando al mondo reale con maggiore concretezza.
Inoltre, si potrebbe optare per una formazione continua. Non è di certo semplice e non tutti possono rivelarsi disponibili a sottoporsi a un percorso di formazione duraturo. L’apprendimento, così come la flessibilità, richiedono un certo grado di impegno, tuttavia, è necessario che ognuno si renda responsabile del proprio avvenire.
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Fonti:
https://www.bcg.com/it-it/publications/2020/fixing-global-skills-mismatch
https://www.feltrinellieducation.it/magazine/che-cos-e-lo-skill-mismatch-e-quanto-ci-costa
https://beyondthebox.it/skill-mismatch/