
FINANCE
L’app di Flowe utilizza tecnologie green e a basso impatto
14 ottobre 2022
di Marco Segato
Articolo aggiornato a luglio 2023

Marco Segato in Flowe è a capo del team di Augmented Intelligence, ovvero di quel gruppo di persone che crea soluzioni tecnologiche ad hoc per garantire sicurezza, velocità e innovazione nel servizio. Marco ha alle spalle una grande esperienza nell’ambito cloud e della digital transformation.
Flowe utilizza un sistema “cloud”, più sostenibile
Una delle passioni che mi ha accompagnato più a lungo è quella per la tecnologia. Sono sempre rimasto affascinato da ciò che le persone riescono a fare utilizzando il loro ingegno. E prima ancora che me ne accorgessi sono finito a scrivere codice, perché (lo so, potrà sembrare strano) è la presenza dei vincoli che definisce la libertà, e i vincoli della programmazione pongono le basi per una quantità di sviluppi infinita e di conseguenza uno spazio di libertà e (di nuovo) di ingegno, a sua volta infinito.
Più di recente la mia passione per la tecnologia mi ha spinto a studiare il mondo cloud da più punti di vista diversi, non ultimo quello dell’impatto ambientale.
E quindi domande come "ma il cloud inquina?" e "quanto consuma il cloud?" sono diventate importanti e le risposte a queste domande lo sono diventate ancora di più, fino a guidare alcune delle scelte tecnologiche di Flowe, sustainable by design in quanto nata e cresciuta come azienda sostenibile.
Cos’è il cloud e come funziona
Probabilmente per molti di noi ha però senso fare un passo indietro e domandarsi: ma cos’è il cloud? Una definizione semplice potrebbe essere “un modello di affitto della potenza di calcolo, basata su datacenter condivisi dove si paga in base al consumo”.
Lo so, definizione molto imprecisa (ma permettetemi qualche semplificazione) e comunque ancora non così semplice da capire…
Magari proviamo a usare un esempio: diciamo che potremmo paragonare il cloud a un riscaldamento centralizzato moderno. Facciamo finta di abitare in un condominio piuttosto grande, diciamo di una trentina di piani, tutto fatto di appartamenti. Cosa succederebbe se non ci fosse il riscaldamento centralizzato? Ognuno dovrebbe avere una caldaia in grado di riscaldare il proprio appartamento e produrre acqua calda per lavarsi.
E la caldaia dovrebbe essere abbastanza grande e potente per scaldare abbastanza acqua calda nel giorno più freddo, anche quando tutta la famiglia fa una doccia calda dopo l’altra. E facendo finta che ci siano 6 appartamenti per piano vuol dire che avremmo 180 caldaie indipendenti, tutte potenti abbastanza da dare acqua calda all’appartamento anche nel momento di massimo bisogno.
E perché una centrale termica unica dovrebbe essere meglio? Beh, tanto per cominciare perché è molto poco probabile che le 180 famiglie del nostro condominio abbiano tutte le stesse abitudini. Cosa c’entrano le abitudini? Proviamo a capirlo insieme.

Se i mesi più freddi dell’anno sono sempre gli stessi per tutte le famiglie del condominio, è ragionevole ipotizzare, con un numero così alto di appartamenti, che alcune famiglie in alcune settimane siano assenti, magari per passare le feste con dei parenti o per una settimana bianca, e anche quando presenti è possibile che alcune famiglie utilizzino più acqua calda la sera e altre di più la mattina, perché magari alcune famiglie non hanno figli, altre li hanno di diverse età e altre ancora invece ospitano dei nipoti.
Insomma, la centrale termica non deve per forza erogare la stessa quantità di acqua calda che erogherebbero insieme le 180 caldaie perché statisticamente non avrebbe alcun senso.
Se la guardiamo da un altro punto di vista quindi la centrale termica è mediamente più utilizzata di ogni singola caldaia: in altre parole, se le 180 caldaie singole passano molto tempo accese per nulla (non dovendo scaldare acqua) la centrale termica ha più probabilmente sempre dell’acqua da scaldare, perché con così tante famiglie da servire, qualcuno che ne abbia bisogno si trova sempre. Inoltre, è probabile che per la centrale termica sia possibile acquistare attrezzature di qualità più alta (visto che si possono mettere insieme gli investimenti di 180 famiglie). Quindi probabilmente la centrale termica sarà meglio isolata (più facile isolarne bene una che 180…), consumerà in proporzione meno ed è anche più probabile che continui a funzionare anche quando alcuni pezzi si rompano, visto che probabilmente alcuni componenti critici saranno magari raddoppiati in modo da non smettere di funzionare in caso di rottura.
Ecco! Questo, detto in altre parole, si chiama fare un uso più efficiente delle risorse.
La centrale termica:
- È mediamente più utilizzata, riducendo i momenti di inutilizzo (riducendo quindi lo spreco),
- Usa meglio le risorse a disposizione (disperde meno calore),
- Garantisce una maggiore affidabilità (non rimango senza acqua calda se si rompe un componente).
Se a tutto ciò aggiungiamo la possibilità per ogni appartamento di pagare solo in base all’effettivo consumo allora direi che il nostro condominio con riscaldamento centralizzato comincia ad assomigliare molto al cloud.
Ok, ok, ma cosa c’entra con l’inquinamento? Alla fine, il cloud inquina o no?

Cloud e sostenibilità aziendale
Ritorniamo al nostro condominio: per quello che abbiamo detto la centrale termica è molto meno inquinante dell’alternativa con 180 caldaie simili! Oltre a doverne fabbricare solo una (che per quanto molto più potente di una normale caldaia non richiederà tante risorse come per costruirne 180) anche fare funzionare la centrale termica del condominio richiederà complessivamente meno energia che alimentarne 180 singolarmente. E usare meno risorse per costruire e meno energia per alimentare significa invariabilmente diminuire l’impatto negativo sul pianeta.
Ma come si applicano queste cose al cloud? Siamo sicuri che davvero inquini meno degli approcci tradizionali? E qualcuno ha per caso misurato quanto meno?
Beh, sì, qualche misura l’abbiamo.
Ad esempio, sappiamo quanta CO2 hanno prodotto nei primi 10 mesi del 2022 i servizi cloud che usiamo per fare funzionare Flowe: 110Kg o, come più spesso si usa scrivere, 0,11 MTCOe (Metric Tonnes of CO2 emissions). Dall'inizio del 2023, invece, il dato è pari a 30 kg o 0,03 MTCOe.
E quanto ne avremmo emesse con un approccio tradizionale? Se quindi invece di usare un datacenter condiviso (in cloud, appunto) ce ne fossimo costruito uno tutto per noi? Naturalmente dipende da quanto il nostro datacenter privato sarebbe stato moderno ed efficiente. Ma ipotizziamo pure di costruirne uno nuovo, modernissimo, allo stato dell’arte. Come sarebbe andata?
Abbiamo una simulazione al riguardo: l’alternativa privata (spesso detta on-premises) avrebbe avuto emissioni per 28.19 MTCO2e.

Il risparmio energetico è quindi davvero incredibile: 99.6% (la quasi totalità!) dato dalla maggiore efficienza del cloud e dal fatto che il cloud che usiamo usa energia elettrica in massima parte proveniente da fonti rinnovabili.
Questa scelta quindi ci ha permesso di emettere 28 MTCO2e in meno dall’inizio dell’anno (stiamo parlando di 28 tonnellate di CO2 in meno, quanto serve per percorrere più di 110.000 km in auto, che per intenderci vuol dire poter fare quasi 3 volte il giro della Terra… wow!).
Quindi sì, il cloud inquina, ma incredibilmente meno delle alternative tradizionali. E il suo basso impatto ambientale è uno dei motivi per cui l’abbiamo scelto in Flowe.
Perché Flowe è davvero sostenibile?
Flowe è una Società Benefit ed è la prima fintech in Italia B Corp e Carbon Neutral. Questo significa che non pensiamo solo al profitto, ma ci prendiamo cura dell’ambiente e delle persone attraverso numerosi progetti dedicati, e compensando tutte le emissioni di CO2 che produciamo come azienda.
In altre parole, vogliamo essere certi che l’esistenza stessa di Flowe riduca la quantità di CO2 sul Pianeta. Anzi, Flowe vuole avere un approccio rigenerativo, che non solo non emetta CO2, ma addirittura ne assorba.
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