


Il Po è in secca
Le foto del Po in secca che sono circolate in questi giorni immortalano solo l’estrema e più evidente conseguenza della siccità che, ormai da mesi, sta vessando la penisola. La gravità della situazione, che è evidente già dalle immagini, spaventa ancora di più se analizzata attraverso i dati. Si è infatti registrato che le acque del Po non sono mai state tanto basse negli ultimi settant’anni e a Torino la portata del fiume è inferiore dell’80% rispetto alla media. L’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po ha spiegato, nel bollettino del 10 giugno, come la siccità del fiume, iniziata come una magra invernale, si sia poi aggravata a causa delle scarse precipitazioni durante l’inverno.
La poca acqua che è piovuta, infatti, è stata portata da temporali violenti ma localizzati e non sufficienti a mitigare la carenza della stagione fredda. La progressiva aridità del fiume Po è anche stata immortalata dall’European Space Agency (ESA) grazie a un’animazione disponibile sul loro sito, che mostra i diversi stadi di inaridimento del fiume tra giugno 2020 e giugno 2022. Lo scenario è particolarmente preoccupante, soprattutto in considerazione del fatto che il Po irriga gran parte della sua valle, una delle più importanti zone di agricoltura in Italia, che si stima produca circa il 40% del cibo della penisola.
Siccità: è stato di emergenza in 5 regioni d'Italia
Il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza siccità in ben 5 regioni italiane: Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto.
Inizialmente il fenomeno aveva colpito soprattutto le regioni settentrionali, dove tutt’ora le conseguenze sono più gravi, ma ha da poco cominciato a interessare anche il centro-sud. La regione più colpita al momento è quella del Piemonte, che ha dovuto ricorrere al razionamento dell’acqua in più di duecento comuni. Basti pensare che nel bollettino del 10 giugno di cui si è detto, il Piemonte occidentale compare come area geografica caratterizzata dalle precipitazioni più scarse: 12.20 mm nel mese di maggio contro la media mensile di 98.6 mm e ben al di sotto del minimo storico di 25.3 mm raggiunto nel 2004.
La sofferenza idrica, tuttavia, riguarda, come dicevamo, anche il Friuli-Venezia Giulia, che ha limitato il prelievo d’acqua a uso domestico a duecento litri al giorno per abitante. Le altre regioni più colpite rimangono quelle del nord: Valle d’Aosta, Veneto, Lombardia e Trentino. Ma, come si è detto, la siccità comincia a interessare anche le regioni centrali e meridionali.
Cause e conseguenze della siccità in Italia
Come si è accennato, una delle cause principali della siccità è l’assenza di precipitazioni durante lo scorso inverno, che si è protratta anche in primavera. Inoltre, l’innalzamento delle temperature ha contribuito ad alimentare la siccità, provocando un fenomeno chiamato evapotraspirazione, che consiste nell’evaporazione dell’acqua dalla superficie del terreno e nella sua traspirazione attraverso le foglie delle piante.
Le alte temperature al di sopra delle medie stagionali hanno causato poi lo scioglimento della neve anche in alta quota. Questo, tuttavia, ha contribuito solo parzialmente ad aumentare i flussi dei fiumi e i livelli dei laghi, che rimangono inferiori rispetto alle medie, come si può verificare attraverso le rilevazioni costanti degli Enti Regolatori dei Grandi Laghi.
Un’altra delle cause della siccità, dunque, è rintracciabile nella scarsità della neve caduta questo inverno sulle nostre montagne che di solito, sciogliendosi in primavera, costituisce un serbatoio d’acqua importante per i fiumi più a valle, contribuendo inoltre a mantenere fredde le loro acque. Lo stesso vale anche per i ghiacciai, che a causa dell’innalzamento delle temperature medie diminuiscono ogni anno, perdendo la loro capacità di nutrire stagionalmente i fiumi. Basti pensare che in Lombardia la temperatura media si è innalzata di 2,5°C negli ultimi cinquant’anni.

Un’altra delle cause della siccità, dunque, è rintracciabile nella scarsità della neve caduta questo inverno sulle nostre montagne che di solito, sciogliendosi in primavera, costituisce un serbatoio d’acqua importante per i fiumi più a valle, contribuendo inoltre a mantenere fredde le loro acque. Lo stesso vale anche per i ghiacciai, che a causa dell’innalzamento delle temperature medie diminuiscono ogni anno, perdendo la loro capacità di nutrire stagionalmente i fiumi. Basti pensare che in Lombardia la temperatura media si è innalzata di 2,5°C negli ultimi cinquant’anni.
La diminuzione dei flussi dei fiumi che ne è derivata ha causato, inoltre, un fenomeno chiamato cuneo salino, che consiste nella risalita delle acque salate del mare lungo i letti dei fiumi. Questo avvenimento diventa particolarmente problematico, dal momento che l’acqua dolce contaminata da quella salina non è più utilizzabile per l’irrigazione e determina, oltre alla salinizzazione delle falde acquifere, anche il danneggiamento della flora e della fauna dei fiumi e dei loro argini. Secondo le ultime registrazioni, la risalita dell’acqua marina lungo il Po è attualmente stimata attorno ai 30 km, di gran lunga superiore al calcolo dello stesso periodo del 2021, che andava tra i 7 e gli 11 km circa.
Ma i danni della siccità, purtroppo, non finiscono qui. Essa, infatti, ha intaccato anche l’industria delle coltivazioni più bisognose d’acqua, come le risaie. A uscirne compromesso è anche il settore delle energie rinnovabili, che, a causa della magra di molti fiumi, non può utilizzare l’energia prodotta dalle centrali idroelettriche e termoelettriche, che hanno bisogno di acqua per raffreddare i condensatori.
Siccità in Italia 2022: possibili soluzioni
Meuccio Berselli, Segretario generale dell’Autorità Bacino Distrettuale del Fiume Po, in una recente intervista ha delineato le possibili misure da attuare in futuro per evitare il ripetersi di questa scarsità d’acqua. Quella di quest’anno è, in realtà, la sesta crisi idrica verificatasi nel bacino del Po dal 2000 a oggi, segnale che questi fenomeni sono il prodotto del cambiamento climatico, rispetto al quale le misure di adattamento e mitigazione dovranno necessariamente accelerare.
Potrà dunque essere necessaria una serie di investimenti finalizzata a fermare l’acqua quando piove (attualmente ne tratteniamo solo l’11%) o alla depurazione delle acque. Un altro fronte su cui intervenire è quello della distribuzione dell’acqua: si calcola infatti che nelle reti se ne perda circa il 40%. A questo proposito, inoltre, sarebbe opportuno rinnovare le tecnologie di irrigazione. Infine, potrebbe aiutare la valorizzazione e la preferenza di colture meno bisognose d’acqua.
La siccità è solo una delle tante tragedie della nostra epoca, che dimostrano come la crisi climatica sia un fenomeno che non possiamo più ignorare. Dobbiamo agire ora, partendo da scelte e azioni quotidiane più consapevoli. Basterebbero dei piccoli gesti, come chiudere l’acqua quando ci laviamo i denti e fare docce più brevi, per fare una grande differenza.
Un’altra azione che possiamo attuare è prestare attenzione a cosa mangiamo. Si calcola infatti che una dieta vegetariana richieda un consumo tra i 1500 e i 2600 litri d’acqua al giorno, contro i 4000-5400 di una dieta ricca di carne. Questi dati indicano l’impronta idrica, ovvero il calcolo della quantità di acqua dolce consumata nelle diverse fasi della produzione dei vari prodotti alimentari. Carne e latticini hanno un’impronta idrica più alta rispetto alle coltivazioni, a causa della grande mole di acqua necessaria ad abbeverare gli animali da allevamento.
Ne deriva che, anche riducendo o rimuovendo questo tipo di prodotti dal nostro consumo quotidiano, possiamo, nel nostro piccolo, contribuire al risparmio idrico.

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https://tg24.sky.it/ambiente/2022/06/26/la-sete-del-po-speciale-siccita
https://www.rainews.it/tgr/veneto/articoli/2022/06/che-cos-il-cuneo-salino-e-perch–una-grande-minaccia-per-le-coltivazioni-e-per-le-citt-7547bc00-0585-47db-ae96-dba7dcb48212.html
https://www.ansa.it/web/notizie/canali/
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