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SOSTENIBILITÀ

Cos’è la transizione ecologica e perché è importante?

08 febbraio 2023

di Irene Fornerone

Globo terrestre nel palmo della mano con simboli astratti di ecologia
Transizione ecologica: significato

La locuzione “transizione ecologica” è ormai di fatto – e fortunatamente – entrata a far parte nel nostro vocabolario, tanto che perfino Treccani ne dà la seguente definizione: «1. Processo tramite il quale le società umane si relazionano con l’ambiente fisico, puntando a relazioni più equilibrate e armoniose nell’ambito degli ecosistemi locali e globali. 2. In senso più limitato e concreto, processo di riconversione tecnologica finalizzato a produrre meno sostanze inquinanti. 3. Denominazione del dicastero preposto nel 2021 all’attuazione della politica ambientale.».

I cambiamenti climatici, l’inquinamento, il riscaldamento globale, lo scioglimento dei ghiacci, le tante specie in via d’estinzione (per citare, ahinoi, solo alcune problematiche mondiali), ci hanno messo davanti all’evidenza che non esiste un “Planet B”, che il tempo è finito e che se vogliamo davvero salvare questo Pianeta dobbiamo iniziare a prendercene cura. Qui e ora. Si tratta dunque di mettere in atto un vero e proprio processo di trasformazione per cambiare, e in molti casi fermare definitivamente, tutti quei comportamenti dannosi per l’ecosistema e per il benessere dell’uomo sul Pianeta. Cosa significa quindi transizione ecologica? Fare delle scelte, prendere delle decisioni e infine agire consapevolmente per sviluppare un nuovo modello socio-economico che ci aiuti a riformulare radicalmente e in modo sostenibile l’utilizzo delle risorse ambientali per vivere, produrre e lavorare.

Transizione ecologica: da dove si comincia?

Quando si parla di transizione ecologica si procede per obiettivi. E questo vale a livello mondiale, europeo e nazionale, ma anche personale attraverso piccoli gesti quotidiani che ciascuna e ciascuno di noi può fare ogni giorno. In generale bisogna sempre trovare un modo affinché ecologia ed economia riescano a dialogare tra loro per il bene dell’ambiente. È la strada intrapresa dell’Unione Europea con NextGenerationEU il recovery plan che si definisce come «un’occasione unica nella vita per uscire rafforzati dalla pandemia, trasformare le nostre economie e società e progettare un’Europa che funzioni per tutti.», dove con “tutti” si intende anche l’ambiente, tanto che il piano si articola su 5 pilastri fondamentali: Make It Green (al primo posto!), Make It Digital, Make It Healthy, Make It Strong, Make It Equal. Il piano 2030 dell’UE per il clima mira infatti a ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) e a piantumare 3 miliardi di alberi entro lo stesso anno, ponendo così l’Europa su un percorso responsabile per diventare il primo continente climate-neutral entro il 2050. Ma come? Grazie agli obiettivi del cosiddetto Green Deal – il pacchetto di iniziative che traccia le politiche UE in materia di clima, energia, mobilità, alimentazione, industria ed economia stilato in aderenza agli obiettivi climatici fissati dall’Accordo di Parigi del 2015 – che si trasformano in azioni e iniziative concrete in ciascuna delle seguenti aree d’azione:

  • Una transizione giusta e inclusiva
  • Un approvvigionamento energetico pulito, accessibile e sicuro
  • Un’industria UE modernizzata
  • Un’economia circolare e pulita
  • La protezione della biodiversità
  • Una mobilità sostenibile, resiliente e intelligente
  • Un sistema alimentare equo e sano
Cosa possiamo fare per la transizione ecologica? La situazione in Italia

Abbiamo visto l’impegno dell’UE, ma come siamo messi con la transizione ecologica in Italia? Nel 2021 il governo Draghi ha presentato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che si si inserisce proprio all’interno del programma NextGenerationEU e si sviluppa in 6 missioni:

  • Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo
  • Rivoluzione verde e transizione ecologica
  • Infrastrutture per una mobilità sostenibile
  • Istruzione e ricerca
  • Inclusione e coesione
  • Salute

La Missione 2, Rivoluzione verde e transizione ecologica, è quella su cui si sta investendo di più in termini di risorse stanziate e «si prefigge di colmare le lacune strutturali che ostacolano il raggiungimento di un nuovo e migliore equilibrio fra natura, sistemi alimentari, biodiversità e circolarità delle risorse, in linea con gli obiettivi del Piano d’azione per l’economia circolare varato dall’Unione Europea.». La M2 è articolata in quattro componenti, ognuna delle quali contiene a sua volta una serie di investimenti e riforme: Agricoltura sostenibile ed economia circolare; Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile; Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici; Tutela del territorio e della risorsa idrica. Infine, sempre lato Italia, c’è da dire che nel 2021 era stato istituito il MISE – Ministero per la Transizione Economica (ex Ministero dell’Ambiente e attuale Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) e congiuntamente a esso il CITE – Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica con il compito di assicurare il coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica e la sua programmazione. Il CITE ha quindi a sua volta sviluppato il cosiddetto Piano nazionale di transizione ecologica (PTE) che, soggetto a periodici aggiornamenti e in coerenza con le linee programmatiche delineate dal PNRR, prevede un completo raggiungimento degli obiettivi nel 2050.

Grafico a torta le cui sezioni sono riempite con diversi tipi di alberi
Transizione ecologica: obiettivi e progetti

Decarbonizzazione, mobilità sostenibile, miglioramento della qualità dell’aria, contrasto al consumo di suolo e al dissesto idrogeologico, miglioramento delle risorse idriche e delle relative infrastrutture, ripristino e rafforzamento della biodiversità, tutela del mare, promozione dell’economia circolare, della bioeconomia e dell’agricoltura sostenibile… cosa può fare ciascuna e ciascuno di noi affinché questi ambiziosi obiettivi non restino solo uno sterile elenco? Come prima cosa pensare positivo e adottare un approccio di realistico ottimismo, perché qualcosa si sta muovendo. Poi mettere in pratica quei piccoli (ma importantissimi) gesti quotidiani che – se uniti a quelli degli altri – ci possono veramente aiutare a cambiare le cose. Ecco qualche semplice esempio:

  • Evitare l’uso della plastica e delle confezioni monouso, sia per quanto riguarda il confezionamento del cibo sia di quello, per esempio, dei prodotti per la cura della persona. L’acquisto “alla spina” è sicuramente un’ottima soluzione.
  • Spostarsi quanto più possibile a piedi, perché fa bene al Pianeta ma anche al nostro benessere, o con mezzi di trasporto green come bicicletta e monopattini elettrici.
  • Prediligere una dieta sana, per noi e per il Pianeta, a base vegetale e con meno prodotti di origine animale. Evitando ovviamente anche ogni tipo di spreco alimentare.
  • Individuare un’Associazione, locale o nazionale, che si occupa di questi temi e aderire a uno dei suoi progetti sul territorio: adottando una specie in via d’estinzione, andando a pulire le spiagge, partecipando a uno swap party e chi più ne ha più ne metta.

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